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Il blog di Federico Mercuri

martedì 29 luglio 2008

Capitolo 1: la genesi

Questo è il primo capitolo del video diario sulla rivoluzione

buona visione




se poi la rivoluziuone volete pure farla e non solo stare a guardare, contattatemi

lunedì 21 luglio 2008

Un'altra rivoluzione

E allora naturalmente il nascere della poesia, dell'arte o del linguaggio - che sono, in fondo, degli equivalenti - è sempre per natura contro il potere, e quando a sua volta arriva a vincere e a conquistare il potere diventa non più linguaggio, autonomia, libertà, arte ecc., ma di nuovo potere, contro cui nuove forze si muoveranno per sorpassarlo e distruggerlo, a meno che esso sia stato capace di creare delle forme tali di libertà che, superando il tempo, resistano modificandosi continuamente, rifacendosi alle proprie origini, ricoinvolgendo sempre nuove persone nelle loro strutture, rimanendo vive, riuscendo, cioè, a non diventare un morto potere.

Carlo Levi

Se siete curiosi, interessati, incazzati e volete partecipare, noi non cerchiamo lettori ma collaboratori (per dirla alla Gobetti), contatatemi

A presto

Ri(e)voluzioni

Va da sè che ogni stimolo proveniente da Elle è di difficile percezione e sviluppo.
Penso che lei, conoscendomi nella maniera in cui mi ha conosciuto, creda che il tema della “Rivoluzione” sia di mia facile interpretazione.
Non è così.
Non per la sua vastità, ma per le implicazioni che ha nel quotidiano.
Ma proviamo a mettere in fila alcune idee e vediamo cosa esce.
Il tema della Rivoluzione oggi, a differenza di 40-50 anni fa, non trova applicazione in quel “cerchio della vita” che è diventata la cultura occidentale.
Non vi è più resistenza o opposizione in grado d’incrinare questa sfera.
I movimenti che negli ultimi anni hanno cercato di guerreggiare con “lo stato di cose presente” (vedi i No Global) sono stati, in un periodo relativamente breve, risucchiati e contaminati.
A riprova di quanto scritto, e per sancire il fallimento di una generazione, la mia (che in pratica ha visto cambiare solo se stessa) andate a vedere i ruoli (non proprio alternativi) in cui sono allocati i leader di quegli anni.
Il tema della Rivoluzione si è spostato da una topografia materiale allocata in luoghi simbolo sia geograficamente, come Sud America o Africa, o di sottobosco urbano, come fabbriche e campagne, in una battaglia del tutto interiore e molto più subdola.
In una “topografia morale” in cui ognuno combatte contro se stesso, per non omologarsi, non lasciarsi andare, non arrendersi.
Per trovare ogni giorno un motivo che spinga a difendere, con ostinata disperazione, l’ultimo centimetro di libertà rimasta.
Non è facile. I fantasmi interiori sono molto più pericolosi degli avversari politici.
Nel pantano creato dai propri dubbi, dagli amici di sempre visti morire o partire, dalle tue idee picconate da chi avevi, a costo di sangue e sudore, delegato a difendere, è facile non ritrovare più “il sol dell’avvenir”
In questo miasma infernale è quasi comprensibile lasciarsi andare.
La vita diventa un incedere poco elegante volto a ricercare, nel crepuscolo che ci circonda, un raggio di luce.
Molte volte occorre fermarsi, guardare dietro la siepe e chiedersi se nella propria storia personale ci sia quel tanto che basta per poter dire di aver vissuto.
Non ho le capacità, e tanto meno l’ardire, di giudicare la vita degli altri. Posso solo cercare, con sufficiente obiettività, di analizzare la mia.
Io cresciuto a pane e PCI. Io che ho visto le Frattocchie ammantate di rosso e l’anno dopo la falce e martello seppellita sotto una quercia.
Io cresciuto con le parole di Falcone e Borsellino nel cuore.
Io che ho sfidato le bombe della mafia per difendere negli anni difficili del processo a Brusca e Riina altri magistrati coraggiosi, per ritrovarmi Cuffaro e Lombardo al potere, Crisafulli in parlamento e Rita Borsellino relegata al ruolo di extra parlamentare.
Io Comunista abituato alla sconfitta e per questo sempre dalla parte degli sconfitti.
Io che non riesco più a gioire neanche delle piccole vittorie, continuando a ripetere alla fine di tutto: “Sugnu sulu stancu”.
Io che da alcuni anni a questa parte non riesco quasi più a sopportare la faccia che vedo nello specchio.
Io che per perseguire delle idee in cui credo mi ritrovo a scontrarmi col grande amore della mia vita e a guardare un cielo straniero mentre i pirati violentano non solo la mia terra ma, peggio, l’anima e la dignità della mia gente.
Io, che dovendo mettere sulla bilancia gioie e dolori, vittorie e sconfitte, avrei tutti i motivi per dire: ”Basta, mi fermo qui”.
Io sinceramente vi scrivo che sono orgoglioso delle mie “Rivoluzioni”. Di quello che ho scritto, di quello che ho fatto e con chi l’ho fatto.
Perché mentre il manganello può sostituire il dialogo le parole non perderanno mai il loro potere, perché esse sono il mezzo per giungere al significato, e per chi vorrà ascoltare e leggere all’affermazione della verità.E’ la verità è: che c’è qualcosa di terribilmente marcio in questo paese.
Cedere all’idea che tutto sia finito, che le ideologie siano morte, e con loro la nostra dignità, è morire ogni giorno un poco. Io voglio vivere, non lasciarmi vivere.
Tornando indietro rifarei tutto. Perché la vita non ha un senso se hai paura di una bomba o di un fucile puntato. Se temi l’abbandono o la solitudine.
I miasmi della Topografia morale del “campo del vasaio” non appartengono a chi crede in qualcosa di più alto della sua stessa esistenza. In quell’ idea folle, ma nello stesso tempo esaltante, che dice: Gli uomini sono tutti uguali.

Pochi giorni fa ha visto un operaio, un uomo del popolo, veder laureare la figlia in medicina con 110 e lode.
Guardarlo stagliarsi tra medici e notai, vedere i suoi occhi onesti bagnati dalle piccole onde di quel grande mare interiore chiamato pianto, mi fa pensare che questa sua storia personale sia, in quest’era di nulla ammantato di niente, una lucciola nella notte della ragione.
Perché in un'epoca come quella in cui viviamo continuare a credere nella rivoluzione ha già di per se qualcosa di rivoluzionario.


Grazie a Gaetano Alessi
www.gaetanoalessi.blogspot.com

Capitolo 1

Sembrava veramente convinto. Non c’era una sola ruga d’espressione che smentiva la sua determinazione e cominciai a credergli.
“Nun c’è gnente da fa” strillava, “nun so certo sti politici che se ritrovamo, a esse capaci de cambià ‘e cose! Ma come te viè in mente da pensà che annà a votà oggi, vor dì che quer quarcuno che viè eletto poi fa quello che t’ha garantito, nun è vero gnente!!” La gola paonazza vibrava sotto le vergate delle corde vocali inferocite, e Gino non aveva intenzione di capitolare. “Ma quale politica te sto addì! Qui c’è vò ‘na rivoluzione! Quella Si che cambia e cose!... a politica… ancora…”
“Signorì che je servo?”
Rimasi atterrita dallo sguardo taurino del mio macellaio mentre , ancora una volta, quella parola mi girava vorticosamente nel cervello. Rivoluzione.
“A Signorì, così famo notte!!”
“Si, uhm mi scusi… un petto di pollo, grazie”
Osvaldo del bar all’angolo, il malcapitato interlocutore di Gino, smise di addurre le sue motivazioni per aver votato l’attuale Presidente del Consiglio e provò con: “Ho capito a Gì, solo che qui finchè magnano tutti, t‘a poi scordà a rivoluzione.. A vedi a signorina come sta bene?”
Presi il mio pollo e mi incamminai verso casa, dedicando metà tragitto alle parole di Gino, e l’altra metà a capire se Osvaldo avesse fatto allusioni al mio peso forma.
In un breve lasso di tempo, che arriva sino ad oggi, non era la prima volta che mi toccava il concetto di Rivoluzione. Alcuni giorni prima mi ero trovata a parlarne con un giovane di un centro sociale, molto impegnato e molto istruito, il quale sosteneva che oggi in Italia ci sono tutti i presupposti per una grande mobilitazione che ristabilisca la libertà e la democrazia in questo paese, così diceva. Certo il suo monologo era di gran lunga più complesso, ma faccio fatica a riportarne i punti salienti perché, in fondo, non mi sento vicina a nessuna rivoluzione. Non ho ereditato granché dalle generazioni precedenti, quelle del ’68 o del ’77, e mi chiedo: cosa vuol dire oggi fare una Rivoluzione.
Così comincia questa storia. Con una domanda.
La prima persona a cui la girai è il mio amico Fede, 34enne, laureato in filosofia, con il ciuffo punk e la telecamera sempre in spalla. Aveva senz’altro le idee più chiare di me, ma nessuno dei due si sentiva più che un turista nel mare delle grandi azioni rivoluzionarie. Fu proprio durante quel dialogo scombussolato che prendemmo la decisione.
Noi siamo pronti ad intraprendere questo viaggio e chiediamo a gran voce il vostro aiuto, ricordando che, come disse il maestro rivoluzionario Piero Gobetti, "non cerchiamo lettori, ma collaboratori".
Benvenuti in: UN’ALTRA RIVOLUZIONE
Elle

domenica 20 luglio 2008

Addio informazione libera, addio libero Stato

Il Governo all’attacco della stampa cooperativa e di partito


Dove non c’è informazione non si sa mai cosa succede. Attaccare l’informazione a testa bassa come ha fatto questo governo con l’articolo 44 del decreto legge 112/2008, inserito nella finanziaria 2009, non è cosa da poco. Chi colpisce il diritto di informare e di essere informati, colpisce al cuore la democrazia, in questo caso una democrazia italiana già di per se agonizzante. Molte le voci di dissenso rispetto a questa manovra che ha visto impegnato il IV governo Berlusconi come non mai, procedendo a blindature e voti di fiducia. Anche in questo caso un messaggio di chiara volontà a non procedere per discussioni alle camere, ma dritti alla metà quasi esautorando il Parlamento di una sua funzione vitale: il confronto. I giornali che rischiano la chiusura sono il Manifesto, il Corriere Mercantile, il Salvagente, Carta, il Cittadino Oggi, il Corriere di Forlì, il Nuovo Corriere Bari Sera, Rinascita, la Voce di Mantova, Cronaca, AREA, il Corriere Nazionale, Metropoli Day e così via, per tanti, tanti altri ancora.
Senza citare le difficoltà gravi che si abbatterebbero sull’Avvenire, l’Unità, Il Riformista, Il Foglio, la stessa Padania e su tutti i giornali di partito.

Ieri pomeriggio alla Camera con un terzo voto di fiducia è passata la manovra fiscale voluta dal Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, tutta incentrata sul taglio delle spese e, grazie al famigerato articolo 44, sul taglio drastico dei contributi statali all’editoria. Le provvidenze per il 2009 e il 2010 vengono decurtate passando da 580 a 387 milioni di euro. In aggiunta, come se non bastasse, i quotidiani nazionali e locali vedranno scomparire anche l’ottenimento da parte dello Stato di risorse certe, il ‘diritto soggettivo ai contributi’, cioè le risorse commisurate alla reale tiratura e diffusione di giornali no profit e di partito. Stiamo parlando di almeno una quindicina di giornali gloriosi, che tanto hanno fatto per un’informazione libera e alternativa e che tanto hanno lottato per rimanere in vita negli ultimi anni. Aumentano invece i contributi indiretti alle grandi testate, vale a dire le agevolazioni postali e telefoniche e i rimborsi di altra natura, con una Mondadori (lo ricordiamo, proprietà della famiglia Berlusconi) che da sola porta a casa 20 milioni di euro (Il Sole 24Ore 18 milioni di euro, RCS circa 14 milioni di euro).

Non è solo, infatti, un problema di finanziaria, perché già il duopolio televisivo ha, di fatto, sbilanciato un mercato pubblicitario a favore dell’editoria radiotelevisiva come mai in nessun altro paese occidentale era successo. Ossia, il sistema Rai-Mediaset che da solo fa il 90% della televisione italiana (dati 2005) e relativo supporto di Publitalia (altra proprietà della famiglia Berlusconi), che da sola raccoglie il 65% del mercato pubblicitario televisivo. In Francia alla tv va meno del 30%, in Germania il 23%, in Spagna il 39,9%. In tutta l'Europa non c'è un paese che abbia tanta pubblicità, in assoluto e in proporzione agli altri mezzi di comunicazione, diretta al piccolo schermo. Tutti sono sotto il 50%, con la sola eccezione del Portogallo che comunque è al 53%, ben al di sotto del nostro 62,9%.

Per un giornale, il cui costo effettivo si aggira intorno ai 3,5 euro a copia (venduto in media a 1, 20 euro), il poter accedere al mercato pubblicitario è linfa vitale, è garanzia di sopravvivenza per l’anno futuro. Può anche voler dire assumere e mettere in regola tanti nuovi e valenti giornalisti ora senza un contratto e un lavoro certo. Allontanare lo spettro del precariato per davvero.
La stessa FINSI, Federazione Nazionale della Stampa, in un documento ha sottolineato che "… La sforbiciata, decisa a oltre metà anno, quando le programmazioni sono definitivamente impostate, mette in difficoltà soprattutto i giornali di idee e gestiti in cooperativa, che non godono di contributi indiretti. Si pone un problema per la tenuta delle testate e per l’occupazione”. E ancora, in relazione alla matrice ideologica dell’intervento: “… Prima di tagli generalizzati, oggi motivo di incertezza per il futuro anche per chi ha le carte in regola, è necessario avviare e definire una seria riforma dell’editoria che faccia giustizia dei luoghi comuni, che faccia economia di spese eliminando il sostegno alle imprese pirata, che non travolga anche chi merita perché fa vera informazione, arricchendo il panorama del pluralismo e assicurando il corretto impiego del lavoro giornalistico”.

Una manovra quindi squisitamente politica, togliere in un sol colpo le ultime sacche di resistenza al pensiero unico, le ultime cellule di libertà e pluralismo dell’informazione. Le ultime voci di opposizione a un governo sempre più autoritario e ‘in divisa’. Anche perché i tagli effettuati, se rivisti, non inciderebbero poi così tanto sul volume di bilancio, rimarcando inevitabilmente l’intento politico inscritto nell’articolo. Come non è da escludere il ricatto velenoso insito in un possibile ripensamento in sede di verifica: ‘chi farà il bravo, magari, riceverà un trattamento di riguardo”. Saranno comunque in molti a battersi fono alla fine, per riequilibrare una situazione davvero pericolosa per la democrazia. L’autunno sarà, infatti, molto caldo, global worming o meno, ci sarà spazio e tempo per combattere in ogni modo questa manovra liberticida come le tante altre iniziative antidemocratiche già in atto e quelle future che il Governo Berlusconi ha nel cassetto. Almeno fino a quando, come purtroppo sembra, l’opposizione che siede in Parlamento non decida di abdicare definitivamente al suo ruolo costituzionale.

Grazie a Flavio Fabbri

Dichiarazione dei diritti dell'Uomo e del Cittadino

Parigi, 26 agosto 1789

I rappresentanti del Popolo Francese, costituiti in Assemblea Nazionale,
considerando che l'ignoranza, l'oblio o il disprezzo dei diritti dell'uomo sono le uniche cause delle sciagure pubbliche e dalla corruzione dei governi, hanno stabilito di esporre, in una solenne dichiarazione, i diritti naturali, inalienabili e sacri dell'uomo;
affinchè questa dichiarazione, costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, rammenti loro incessantemente i loro diritti e i loro doveri; 
affinchè maggior rispetto ritraggano gli atti del Potere legislativo e quelli del Potere esecutivo da poter essere in ogni istanza paragonati con il fine di ogni istituzione politica; 
affinchè i reclami dei cittadini, fondati da ora innanzi su dei principi semplici ed incontestabili, abbiano sempre per risultato il mantenimento della Costituzione e la felicità di tutti.
In conseguenza, l'Assemblea Nazionale riconosce e dichiara, in presenza e sotto gli auspici dell'Essere Supremo, i seguenti

Diritti dell'Uomo e del Cittadino:

Articolo 1 
 
Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull'utilità comune.

Articolo 2 
 
Il fine di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali ed imprescrittibili dell'uomo. Questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all'oppressione.

Articolo 3 
 
Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione. Nessun corpo o individuo può esercitare un'autorità che non emani espressamente da essa.

Articolo 4 
 
La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri: così, l'esercizio dei diritti naturali di ciascun uomo ha come limiti solo quelli che assicurano agli altri membri della società il godimento di quegli stessi diritti. Questi limiti possono essere determinati solo dalla Legge.

Articolo 5. 
 
La Legge ha il diritto di vietare solo le azioni nocive alla società. Tutto ciò che non è vietato dalla Legge non può essere impedito, e nessuno può essere costretto a fare ciò che essa non ordina.

Articolo 6 
 
La Legge è l'espressione della volontà generale. Tutti i cittadini hanno diritto di concorrere, personalmente o mediante i loro rappresentanti, alla sua formazione. Essa deve quindi essere uguale per tutti, sia che protegga, sia che punisca. Tutti i cittadini essendo uguali ai suoi occhi sono ugualmente ammissibili a tutte le dignità, posti ed impieghi pubblici secondo la loro capacità, e senza altra distinzione che quella delle loro virtù e dei loro talenti.

Articolo 7 
 
Nessun uomo può essere accusato, arrestato o detenuto se non nei casi determinati dalla legge, e secondo le forme da essa prescritte. Quelli che procurano, spediscono, eseguono o fanno eseguire degli ordini arbitrari, devono essere puniti; ma ogni cittadino citato o tratto in arresto, in virtù della Legge, deve obbedire immediatamente; opponendo resistenza si rende colpevole.

Articolo 8 
 
La Legge deve stabilire solo pene strettamente ed evidentemente necessarie e nessuno può essere punito se non in virtù di una legge stabilita e promulgata anteriormente al delitto, e legalmente applicata.

Articolo 9 
 
Presumendosi innocente ogni uomo sino a quando non sia stato dichiarato colpevole, se si ritiene indispensabile arrestarlo, ogni rigore non necessario per assicurarsi della sua persona deve essere severamente represso dalla Legge.

Articolo 10 
 
Nessuno deve essere molestato per le sue opinioni, anche religiose, purchè la manifestazione di esse non turbi l'ordine pubblico stabilito dalla Legge.Dichiarazione dei diritti dell'Uomo e del Cittadino

Articolo 11
 
La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell'uomo; ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo a rispondere dell'abuso di questa libertà nei casi determinati dalla Legge.

Articolo 12 
 
La garanzia dei diritti dell'uomo e del cittadino ha bisogno di una forza pubblica; questa forza è dunque istituita per il vantaggio di tutti e non per l'utilità particolare di coloro ai quali essa è affidata.

Articolo 13 
 
Per il mantenimento della forza pubblica, e per le spese d'amministrazione, è indispensabile un contributo comune: esso deve essere ugualmente ripartito fra tutti i cittadini, in ragione delle loro sostanze.

Articolo 14 
 
Tutti i cittadini hanno il diritto di constatare, da loro stessi o mediante i loro rappresentanti, la necessità del contributo pubblico, di approvarlo liberamente, di controllarne l'impiego e di determinarne la quantità, la ripartizione e la durata.

Articolo 15 
 
La società ha il diritto di chieder conto a ogni agente pubblico della sua amministrazione.

Articolo 16 
 
Ogni società in cui la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri determinata, non ha costituzione.

Articolo 17 
 
La proprietà essendo un diritto inviolabile e sacro, nessuno può esserne privato, salvo quando la necessità pubblica, legalmente constatata, lo esiga in maniera evidente, e previa una giusta indennità

sabato 19 luglio 2008

Socializzare la lotta

Non ti preoccupare, il futuro sarà migliore. Tu pensa a studiare, vedrai che troverai la tua strada e sarà migliore della mia. Io ho visto la guerra, la povertà. Tu neanche immagini cosa vuol dire star male, andare in giro con le scarpe rotte a raccogliere cicche da terra per concedersi un vizio. Abbiamo lottato per i diritti che tu oggi dai per scontati. Non ti preoccupare, figlia mia, ci sarò sempre nel momento del bisogno e abbi fiducia in te stessa. Tu sei in gamba, ce la farai.
Intanto io crescevo sui libri, in piscina e davanti alla televisione e al primo 386. Mi interessava la politica, la storia, la socialità del vivere. Effettivamente la vita sembrava una pacchia. Mio padre era riuscito ad affrancarsi dalla povertà senza titolo di studio, solo grazie alle sue capacità e ai suoi sacrifici. Mia madre mi stava vicino affettuosamente. Mi sono concessa il capriccio di lottare per truccarmi, per avere un motorino, un paio di scarpe firmate, un cellulare. Lavoro da quando ho 18 anni. Oggi ho 34 anni, una laurea, ma solo 7 anni di contributi versati per una pensione che non avrò mai. Sto lottando per ottenere una vita migliore, ma la lotta è interiore, introflessa, inefficace. Cosa ho raccolto in 30 anni? Beh, una causa di lavoro in corso, un bilocale in affitto e la disoccupazione (senza sussidio). E il mio futuro non ha prospettive di miglioramento. Certo, sto meglio dei miei genitori (?)… ma non sto lottando per migliorare il futuro, mio e degli altri. I diritti dati per scontati stanno crollando. Il sistema si è incastrato. Sento l’esigenza di lottare, ma non so fare la rivoluzione. Ieri ero dal mio avvocato per chiedere lumi sul pacco regalo che il governo sta elargendo nella cosiddetta “manovra antiprecari”. L’avvocato dice di non preoccuparmi, che è incostituzionale e che per fortuna ci sono ancora i giudici e c’è una direttiva europea. Poi mi guarda e mi dice: comunque non so cosa state aspettando per scendere in piazza e farvi sentire. Ai miei tempi sarebbe bastato molto meno. Non vi basta questa manovra? L’Alitalia? L’Università? Cosa state aspettando? Che vi si rompa il cellulare?
Cosa sto aspettando… Non so fare la rivoluzione, ma so lottare, voglio lottare. Grazie Elle e grazie a tutti quelli che con questo blog socializzeranno la lotta. Io ho inizito oggi.

Grazie a Valentina Galli

mercoledì 9 luglio 2008

Attenti alla sindrome di Caino

È stato già detto: “Il grande male della sinistra è se stessa?”

Ieri non sono andato alla manifestazione di piazza Navona, ma non perché non condividevo le ragioni che hanno portato un discreto numero di cittadini in piazza, soltanto per pigrizia. L’ho seguita però su internet, e quindi non si può nemmeno dire che non c’ero. Bisognerà certamente modificare in questo senso il concetto di partecipazione ed estenderla a quella telematica, a scapito sì del contatto fisico, ma a vantaggio della comodità.

Ma torniamo alla manifestazione, tante cose giuste, sacrosante, contro Berlusconi e anche contro l’opposizione che sembra connivente da 15 anni. L’unica cosa negativa era l’aria che si respirava (quella che riuscivo a respirare dal monitor di casa) ma che trasudava anche dalle parole di taluni oratori: il clima del tutti contro tutti.

Trovo questo fenomeno assai grave. È una specie di sindrome della sinistra italiana, quella fratricida, che ti porta a sparare su tuo fratello invece che sul tuo nemico, quella che ti rende cieco, per cui te la prendi con l’obiettivo più vicino a te, con la persona che è al tuo fianco.

Ma stavolta voglio dare l’esempio, non farò nomi, non dirò le cose che non mi sono piaciute, non sparerò a zero contro i miei fratelli, dico solo: “Attenti alla sindrome di Caino”.

A presto.

p.s.
quello che non mi è piaciuto non lo dico, dico però quello che mi è piaciuto: Camilleri e la Guzzanti, ecco i video.


Le 5 poesie incivili di Camilleri



Guzzanti Vs Ratzinger


Guzzanti Vs Carfagna

La mia foto
Potete scrivermi a questo indirizzo di posta elettronica
Sono nato il 28 settembre del 1973, sono stato allevato amorevolmente dai miei genitori Mario e Luciana in una ridente cittadina dei castelli romani, al secolo Albano Laziale, insieme alle mie due sorellone Cristina e Laura. Vivo a Roma dal 2007.
Mi sono laureato in filosofia alla sapienza di Roma nel 2002 e dal 2002 mi occupo di comunicazione sui nuovi media.
Qualora foste interessati questo è il mio CV.
Qui trovate alcune interviste, servizi e reportage video che ho realizzato.
Qui trovate alcuni dei miei articoli
Questa è la pagina della mia band: i MADENITA

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